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L'analisi di Portone, condotta con occhio realistico e a tratti amaro, prende in considerazione il progressivo sfaldamento della media borghesia, sempre più soggetta a licenziamenti, cessioni aziendali e relativa compressione del reddito, dei tenore di vita e delle relative aspettative.
A convivere con l'incertezza per il futuro e la precarietà non sono più solo quei ceti che una volta venivano definiti "proletari", bensì anche il ceto medio, un tempo (molto remoto) modello di realizzazione socio-economica, che vede svanire tutte le sue aspettative di 'benessere e di avanzamento sociale a fronte di un nuovo contesto, in cui i ricchi, vecchi e nuovi, sono sempre più ricchi, mentre i poveri scivolano verso l'abisso dell'emarginazione, riproponendo un modello molto simile a quello di alcuni periodi della storia di antico regime (non a caso nel testo sono inserite numerose critiche ai miti ed alle illusioni dell'eguaglianza e libertà illuministiche).
Molto importante, nell'analisi dell'Autore, è anche l'attenzione portata alle contrapposizioni tra le posizioni che egli definisce "catastrofiste" (quelle cioè tendenti a dipingere, per meri fini di parte, pessimisticamente anche gli indubbi lati positivi del nostro attuale sistema di vita) e quelle di eccessiva e serena bonarietà, di chi si sforza di considerare tutto positivo, costi quel che costi. Entrambi gli atteggiamenti costituiscono un eccesso e gli eccessi non hanno, come è noto, mai portato ad una attenta e serena disamina dei problemi: non solo quelli inerenti alle tematiche del libro apocalittico, ma anche agli innumerevoli aspetti della realtà che si nascondono, più o meno implicitamente, al suo interno.
Il crescente scontento del ceto medio si salda con altri problemi che vengono affrontati tardi e male, come quello dell'ambiente o dell'integrazione degli extracomunitari che ogni anno varcano le frontiere dei paesi europei, destinati ad uno sfruttamento massiccio nelle posizioni lavorative meno qualificanti e peggio retribuite, che i giovani europei non vogliono, a torto o a ragione, più occupare, ma che, finito l'orario di lavoro, dovrebbero sparire senza avere diritto ai servizi pubblici, alla libertà di culto, voto e cittadinanza.
Questi atteggiamenti, oggetto di un retrivo razzismo di alcune forze politiche, vengono duramente attaccati e stigmatizzati dall'autore, che tenta di mettere in guardia contro i pericoli che potrebbero essere causati dall'incomprensione o sottovalutazione di queste problematiche, che non possono essere affrontate con la propaganda aggressiva e provocatoria proveniente da svariati settori politici, sostenuti anche da alcuni ambienti ecclesiastici.
Lo smarrimento dell'uomo contemporaneo di fronte ad una realtà storica incomprensibile e minacciosa porta alla spasmodica ricerca di punti di riferimento rassicuranti, che si oggettivano spesso in illusorie "mitologie e ideologie irrazionalistiche". A questo riguardo come dimenticare la fuga verso l'irrazionale e lo pseudomiracolistico che ogni anno fa cadere migliaia di persone vittime di schiere di ciarlatani, presunti maghi e guaritori, che illudono le loro aspettative in cambio dell'estorsione di consistenti somme di denaro?
Ed è proprio in questo contesto che andrebbe riproposta una nuova lettura dell'autentico messaggio apocalittico, depurata da tutte le false immagini, dai significati strumentali e di parte che nel corso dei secoli l'hanno incrostata, modificandone, sino al punto di renderlo quasi irriconoscibile, il significato originario, quello cioè di reale ed autentica spes salvifica per ogni credente, accompagnamento e sostegno dell'enunciato evangelico.
Portone sottolinea come, anche nella cultura contemporanea, continui l'opera di mistificazione, strumentalizzazione e fraintendimento dell'Apocalisse: dai disaster movies della cinematografia d'intrattenimento al dibattito, intriso di valenze ideologiche, che si svolse in America negli anni immediatamente precedenti alla caduta del comunismo, visto come "impero del male" contrapposto al "regno del bene" costituito dalla serena ed accattivante way of life occidentale. Queste rimangono osservazioni molto valide, tuttavia - come segnala Galli stesso - non bisogna estremizzare l'analisi, che deve pur sempre tenere conto delle modificazioni ideologiche che, negli anni, attenuano il rigore di giudizi dati ab antiquo, come è il caso della rivista "Orlon", molte volte citata dall'autore, che da tempo si segnala per una gamma di posizioni politiche più articolata ed ampia che nel passato. Anche le posizioni di uno studioso come Huntington non possono, prese nella loro globalità, essere ridotte ad un mero insieme di schematismi ideologizzati, anche se molte delle sue opinioni si possono prestare ad un'interpretazione eccessivamente filo-occidentale, come l'analisi di Portone in più punti rimarca.
E tuttavia da rilevare che la rozza e grottesca apprensione del testo giovanneo da parte di molti esaltatori del nuovo sistema economico, come dei molti benpensanti pronti a sostituire, con estrema disinvoltura, il "mostro comunista" con quello islamico, si rifà, più o meno volutamente e conscia­mente, alle terrificanti immagini apocalittiche che vengono ancora una volta ed a nostro giudizio in una misura forse più ampia che in passato stravolte e manipolate nel loro portato originario con il consenso di larghe frange della società che, rifacendosi alle paure ancestrali del "diverso" e del "nemico", non fanno altro che riferirsi a stereotipi che la cultura cristiano-giudaica ha iscritto nel proprio patrimonio genetico.
A ciò va aggiunto il pericolo dell'estendersi delle sette messianiche e millenaristiche che, rifacendosi ad una lettura approssimativa del testo giovanneo (come di altri testi della tradizione patristica), cercano di strumentalizzare le angosce, le nevrosi e gli enormi problemi che la società capitalistica sta attraversando ormai da molti decenni. L'autore mette in guardia anche da siffatte letture di comodo che non possono che portare a effetti fuorvianti e a mistificazioni non molto lontane da quelle descritte in precedenza.
Come evidenzia anche Galli, una rilettura del testo giovanneo finalmente scevra da forzature ideologiche e settarismi vari potrebbe essere anche l'occasione idonea proprio per muovere "i primi, cauti passi di un possibile lungo cammino per arricchire il razionalismo illuminista di quella fantasia che Thomas Robbes (giudicato riduttivamente empirista) proponeva nelle ultime pagine del "Leviatano" come indispensabile per una adeguata comprensione della realtà" (pag. XVIII, introd.).
Portone ha anche il merito di porre in evidenza proprio uno dei più notevoli pregi dell'Apocalisse, vale a dire la fantasia che essa ha per secoli suscitato si dovrebbe dire scatenato?) nella cultura occidentale, spesso salvandola dall'appiattimento che la cultura di matrice razionalista ed illuminista voleva imporle. Anche questo è uno dei tanti, notevoli meriti del Libro dell'Apocalisse, che secoli di conformismo e di letture "guidate" non sono, per fortuna, riusciti a sottrargli del tutto, fantasia che potrebbe essere utilmente impiegata per costruire quella cultura della "convergenza", su cui insistono molto sia l'analisi di Portone che quella di Galli.
"L'ultimo sigillo" è pertanto un libro che merita un'attenta ed incisiva disamina.
Paolo Portone, anche se ha l'indubbio pregio di non proporre soluzioni preconfezionate al problema sempre aperto di una corretta lettura dell'Apocalisse, tuttavia ne indica con chiarezza espositiva e notevole acutezza le linee guida per una serena, quanto difficile, autocritica di tutto un sistema di valori e di modi di pensare, oltre che per un'opera lenta e difficile di "riconversione culturale" di europei e americani che, a partire da un futuro, che paradossalmente è già presente (un po' come alcune immagini dello stesso testo giovanneo ci suggeriscono), dovranno imparare ad accettare e convivere con sistemi sociali ed economici multietnici e sempre più "globalizzati", che non possono trovare il loro fondamento e la loro matrice culturale come Portone ci fa notare in settarismi, attese magico-irrazionali e movimenti razzistico-eversivi già di per sé emarginati dalla storia.

riccardo de rosa

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